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La storia dell'uomo che, in carcere, dorme da 4 mesi

8364674606 a1d3c3cd94 oAlcuni giorni fa avevamo, la nostra coordinatrice nazionale Susanna Marietti, aveva raccontato la storia di un ragazzo di 28 anni che, nel carcere di Regina Coeli, dorme sempre, tutto il giorno. Questo almeno fin dal mese di giugno quando lo avevamo incontrato durante una visita del nostro osservatorio (la storia era stata pubblicata su Il Fatto Quotidiano).

Dopo la nostra denuncia pubblica il ragazzo è stato trasferito al carcere di Secondigliano a Napoli, dove si trova nel grande centro clinico dell'istituto. Una serie di approfondimenti medici sono stati programmati nei prossimi giorni, in particolare di tipo neurologico, per cercare finalmente di andare oltre quella semplicistica diagnosi effettuata a Regina Coeli secondo la quale il ragazzo sarebbe un simulatore. Non si possono simulare mesi e mesi di coma apparente. 

Nel frattempo stiamo lavorando per cercare di mettere in contatto le autorità sanitarie di Secondigliano con un gruppo di ricercatori che lavora da anni sui disturbi neurologici funzionali, quelli privi di un'apparente causa organica, come sono queste sindromi del sonno. 

In questi giorni abbiamo imparato che si tratta di un universo variegato: esistono sindromi del sonno diverse tra di loro, ciascuna con le proprie peculiarità. E' importante identificare la malattia specifica del ragazzo per poter intervenire correttamente. Trattandosi di sindromi molto rare servono neuropsichiatri esperti e specializzati in questo tema. Le autorità penitenziarie di Secondigliano si sono mostrate molto disponibili e ci stanno aiutando a creare questo ponte tra medici. Nelle prossime settimane vi terremo aggiornati sull'evoluzione di questo caso

La certezza della pena non è solo carcere

carcere corridoioNel suo discorso di ieri Giorgia Meloni ha sottolineato come al centro della loro azione politica ci sia la certezza della pena e un nuovo piano carceri. Di edilizia penitenziaria avevamo parlato in un video pubblicato sulla nostra pagina facebook, mentre sulla questione certezza della pena ha risposto il nostro presidente Patrizio Gonnella su ANSA.it.  Meloni: Antigone, certezza pena non è solo carcere

(ANSA) - ROMA, 25 OTT - ''La certezza della pena non mette in discussione le misure alternative alla stessa né un pluralismo sanzionatorio. Non è pena solo il carcere. Le misure alternative producono sicurezza in quanto favoriscono un abbattimento della recidiva''. Lo ricorda Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri, facendo riferimento al passaggio del discorso della Presidente del Consiglio Meloni sul garantire la certezza della pena, grazie anche a un nuovo piano carceri.

''Abbiamo bisogno di più personale piuttosto che di più carceri'' sostiene Gonnella. ''Il sistema penitenziario italiano - dice ancora - necessita di un processo di modernizzazione nel segno di una maggiore attenzione ai diritti e alla dignità delle persone. E' necessario che la tecnologia sia messa al servizio di una pena che garantisca relazioni sociali, educative e affettive con l'esterno. Ci vuole più scuola e ci vuole più lavoro qualificato''.

''I 71 suicidi dall'inizio dell'anno sono una tragedia, segno di un modello penitenziario che è in crisi. E' giusto migliorare le condizioni di lavoro di tutto lo staff penitenziario così come assumere giovani che arrivano dalle Università. Un personale gratificato socialmente e economicamente è la migliore garanzia contro ogni le violazioni di diritti'' conclude Gonnella. (ANSA).

Che carcere vuole la destra al governo?

camera-dei-deputatiIl 13 ottobre, con l'insediamento del Parlamento, è iniziata la XIX legislatura. Già nei primi giorni alcuni parlamentari hanno presentato delle proposte di legge. Tra queste alcune riguardano il sistema penitenziario. Proprio dare uno sguardo a tali proposte può aiutare a capire che carcere vuole costruire la destra al governo.

CIRIELLI (Fratelli d'Italia): "Modifica dell’articolo 27 della Costituzione in materia di responsabilità penale". 

Questa è una proposta già avanzata nella scorsa legislatura. Se approvata la Costituzione sarebbe riscritta e vincolerebbe il fine rieducativo della pena a non meglio specificati criteri di sicurezza che, di fatto, potrebbero riguardare un ampio ventaglio di reati, variabili a seconda del clima politico. Come se rieducazone non ce ne fosse già troppo poca e la recidiva non fosse già troppo alta.

MORRONE (Lega): "Modifiche al codice penale, al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e altre disposizioni concernenti la tutela dell'ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari". 

All'interno di questa modifica c'è la possibilità di dotare gli agenti di polizia penitenziaria della pistola taser mentre sono in sezione, cambiando un approccio che, in nome di una finalità di custodia rieducativa e non securitaria - e per la sicurezza di tutti (detenuti e agenti) - aveva portato a bandire le armi.

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A San Vittore reclusa una donna di 85 anni. Antigone: "Situazione grave, da risolvere il prima possibile"

8196399047 bd1da3ebdd oDa circa due settimane una donna di 85 anni è detenuta presso il carcere milanese di San Vittore. La sua condanna definitiva è di soli 8 mesi, scaturita dall'occupazione abusiva di un alloggio. Nonostante il reato non sia di grande pericolosità sociale e la pena comminata di brevissima durata, la donna è stata tuttavia condotta nel carcere del capoluogo lombardo. 
Ad aggravare la situazione il fatto che la signora non è autosufficiente, richiedendo perciò un'assistenza personale e una gestione sanitaria costante da parte di altre detenute e degli operatori. 
Fino ad oggi, nonostante i ripetuti solleciti dell'istituto e un'istanza di scarcerazione, la signora si trova ancora ristretta nell'istituto.   

"La vicenda - sottolinea Valeria Verdolini, responsabile della sede lombarda di Antigone - investe due questioni: la sempre maggior frequenza con cui persone anche ultrasettantenni o ultraottantenni entrano in carcere, e la questione centrale della residenza, che impedisce una vera e propria presa in carico da parte dei servizi, lasciando al penitenziario l'onere di gestione residuale. La richiesta che facciamo è che per questa anziana donna si trovi il prima possibile una soluzione che le consenta di scontare la pena in un luogo più confacente e sicuro, per la sua età e le sue condizioni di salute". 

"Al 30 giugno 2022 si contavano 1.065 detenuti che hanno più di 70 anni, rappresentando questi quasi il 2% della popolazione detenuta. Un numero che negli anni recenti è in costante crescita. Serve grande attenzione per la loro condizione e, dinanzi pene brevi da scontare o residue, è fondamentale trovare alternative alla detenzione" sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Questo passa anche dal creare strutture di sostegno sociale e abitativo che consentano a queste persone anziane (e non solo a quelle anziane) di poter accedere a misure alternative, senza che proprio la condizione sociale di partenza diventi un ulteriore elemento discriminante" conclude Gonnella.

Netx steps

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Il progetto europeo NEXT STEPS si pone l’obiettivo di sostenere gli istituti penitenziari nello sviluppo professionale e nella reintegrazione dei detenuti. L’obiettivo è quello di contrastare l’alto tasso di recidiva che si registra in Europa, rompendo il circolo vizioso della commissione di nuovi reati e conseguente rientro in carcere. Per farlo, si ricollega al progetto Erasmus+ “STEPS”, realizzato tra il 2018 e il 2020. Il progetto, che durerà 30 mesi, ha preso il via il a gennaio 2022.

Per maggiori dettagli è possibile consultare il sito del progetto a questo indirizzo: https://nextsteps.whkt.de/it/content/il-progetto.

Il progetto si rivolge, in particolare, a:
• aziende;
• organizzazioni e singoli individui attivi nell’ambito del volontariato;
• giovani detenuti prossimi al rilascio.

Oltre Antigone, i partner del progetto europeo, che coinvolge quattro Paesi (Germania, Austria, Italia, Portogallo) sono il BSV, associazione sportiva tedesca che porta lo sport in carcere, il CLLL, organizzazione austriaca che opera per agevolare l'accesso alla formazione per gli adulti e per le persone svantaggiate dal punto di vista educativo, IPS, società portoghese di ricerca e consulenza specializzata nel settore penale, la Scuola Costruzioni Vicenza Andrea Palladio (SCVAP), centro di formazione italiano nel settore delle costruzioni a Vicenza, Talentbrücke, azienda tedesca attiva nel settore della transizione dalla scuola alla formazione/studio/primo impiego, la Camera di Commercio della Germania Occidentale, associazione tedesca che riunisce le camere dell’artigianato, e LINC, cooperativa italiana impegnata nella rioccupazione lavorativa di persone che si trovano in condizioni di svantaggio.

L’obiettivo sarà perseguito mediante 3 elementi centrali:
1. Banca dati di volontari e aziende: Verrà sviluppata una banca dati per permettere alle aziende, ai volontari e alle associazioni di registrarsi - in maniera autonoma - se desiderano collaborare con gli istituti penitenziari e le persone detenute (offrendo uno stage, un corso di formazione, un‘attività di volontariato o un impiego qualificato) per facilitare un percorso di reintegrazione in società una volta terminata la pena.
2. Schede di osservazione di soft skills: Verranno elaborate delle schede di valutazione utilizzabili dallo staff penitenziario e le ONG che offrono attività in carcere per facilitare l’osservazione delle competenze sociali delle persone detenute, competenze utili nel mercato del lavoro e che la persona detenuta può migliorare nel tempo.
3. Filiera per l’inserimento lavorativo: La filiera offre la possibilità di facilitare l'integrazione degli ex detenuti in stage, corsi di formazione professionale e mondo del lavoro tutto. Questo processo vuole essere una possibile procedura ideale-tipica per preparare i detenuti al passaggio dalla detenzione al mercato del lavoro, utilizzando il database di volontari e aziende, le schede di osservazione delle soft skills, nonché le altre opzioni di supporto disponibili fornite dai sistemi giudiziari nei paesi partecipanti al progetto.

 

 

Carcere. Ivrea: avvisi di garanzia per le presunte violenze in carcere. Antigone: "grazie alla Procura di Torino per le indagini dopo anni di disinteresse"

Muro carceriSarebbero 25 gli avvisi di garanzia recapitati ad agenti penitenziari, funzionari e medici in servizio al carcere di Ivrea e accusati, a vario titolo, di lesioni e falsi aggravati per le presunte violenze su alcuni detenuti. 

I casi indagati dalla Procura si riferiscono al periodo che va dal 2015 al 2016. "Antigone - sottolinea l'avvocata Simona Filippi, che per l'associazione segue il contenzioso legale - era venuta a sapere di diversi casi di presunte violenze e aveva presentato alcuni esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente, anche a seguito delle denunce presentate dal Garante comunale della città piemontese. Nei mesi successivi - sottolinea Filippi - abbiamo registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese che portò a ben due richieste di archiviazione a cui ci opponemmo. Proprio a seguito di quello che, a nostro rilievo, era un mancato esercizio dell'azione penale, chiedemmo l'avocazione delle indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino che, a due anni di distanza, avrebbe emanato questi avvisi di Garanzia". 

Nell'atto dell'accusa - come riporta anche La Stampa - si legge che Hamed, uno dei detenuti il cui caso Antigone aveva segnalato con un esposto e ora oggetto delle indagini, fu picchiato con pugni e calci da sette agenti. In due gli tenevano ferme le braccia. Gli altri menavano. E il medico di turno della casa circondariale continuava a sorseggiare il caffè delle macchinette automatiche. Non un cenno, non un intervento per fermarli. Nemmeno una comunicazione al direttore come sarebbe stato suo dovere. 

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59 suicidi, l’allarme inascoltato dell’estate tragica

Poggiorealedi Patrizio Gonnella su il manifesto del 4 settembre 2022

«Hanno tolto il disturbo 57 detenuti, 57 persone, tutti principini e onesti italiani, hanno tolto il disturbo …finalmente una buona notizia…porca mad.. dal Friuli che non è Italia». Questo è il contenuto di una mail che abbiamo ricevuto qualche giorno fa, a commento del nostro racconto di una tragica estate carceraria italiana. 

Il bestemmiatore (per rispetto nei confronti di chi si potrebbe sentire offeso ho tagliato la sua espressione) è felice per i 57 detenuti morti. Forse lo sarebbe ancora di più oggi visto che il numero delle persone che si è tolta la vita in galera è salito a 59.  Un numero mai così alto negli ultimi decenni, segno di una disperazione che da individuale è diventata collettiva. 

Nel solo mese di agosto ogni due giorni si è suicidata una persona in carcere. Una percentuale che, se proiettata nella società libera, farebbe tremare i polsi, facendo pensare a forme prossime al suicidio di massa. Non è facile dare una spiegazione unitaria a gesti compiuti nella solitudine individuale. Sarebbe quasi irriguardoso delle loro vite, purtroppo oramai spente. 

Possiamo solo dire che quella disperazione individuale non è stata intercettata al punto da evitare che il suicidio fosse portato a compimento. Il signore friulano che, nel nome degli italiani onesti, gioisce di fronte all’altrui morte dovrebbe sapere che il suo odio verso i detenuti non migliora la qualità della sua vita, che la sua violenza verbale non è meno grave e offensiva del furto di 180 euro o di una pecora che avevano portato in prigione due delle persone che hanno deciso di farla finita. 

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Suicidi. Persone, vite, storie. Non solo numeri

 

302Nei primi mesi del 2022 sono già 59 i suicidi avvenuti nelle carceri italiane. Più di una ogni quattro giorni. Sin dall’inizio dell’anno il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a
raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni.
A fronte di questo dramma, abbiamo deciso di realizzare un dossier dove ripercorriamo i numeri, i luoghi e alcune delle storie delle persone che si sono tolte la vita in carcere.
Per evitare che cadano nel dimenticatoio e per rompere il silenzio attorno a questo tema.

A questo link il dossier

 

Carcere. Nel 2022 già 57 suicidi, lo stesso numero registrato in tutto il 2021. Antigone: "liberalizzare le telefonate"

Copia di DRAMMA SUICIDI IN CARCERE 1080  1350 px"Il carcere non è una condanna a morte. È necessario intervenire affinché il dramma che sta interessando gli istituti di pena italiani in questo 2022 si possa fermare". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.  Nei primi 8 mesi di quest'anno sono stati 57 i detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri. Gli ultimi due in Sicilia, uno a Caltanissetta e l'altro a Siracusa. Ad agosto abbiamo registrato 14 suicidi, più di uno ogni due giorni. 57 furono le persone che si suicidarono in carcere in tutto il 2021. 

"Proprio in questo mese così drammatico la nostra associazione - prosegue Gonnella - ha lanciato la campagna "Una telefonata allunga la vita", chiedendo una riforma urgente del regolamento del 2000 che porti ad una liberalizzazione delle telefonate per i detenuti. In un momento di sconforto, sentire una voce familiare, può aiutare la persona a desistere dall'intento suicidario. I 10 minuti a settimana previsti attualmente non hanno più nessun fondamento, né di carattere tecnologico, né economico, né securitario. Cambiare quel regolamento non comporta alcun atto legislativo e il Governo potrebbe farlo anche in questa fase transitoria". 

"Dell'importanza dell'affettività per i detenuti - continua il presidente di Antigone - ci parla anche la relazione finale della Commissione ispettiva del Dap, chiamata ad indagare sulle ragioni delle rivolte che scoppiarono nelle carceri nel marzo 2020".

Secondo questa, ad innescare le proteste non fu infatti una cabina di regia criminale. Il motivo va invece ricercato nell'insoddisfazione della popolazione detenuta per la poco dignitosa qualità della vita penitenziaria e, soprattutto, nella sospensione dei colloqui in presenza con i familiari. 

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Rivolte e suicidi in carcere ci raccontano dell'importanza dell'affettività

121649365-4dbfbac4-4c04-4e7b-8bda-7bcebf2775c1Ad innescare le proteste nelle carceri non fu una cabina di regia criminale. Il motivo va invece ricercato nell'insoddisfazione della popolazione detenuta per la poco dignitosa qualità della vita penitenziaria e, soprattutto, nella sospensione dei colloqui in presenza con i familiari. A scriverlo è la Commissione ispettiva del Dap, presieduta dall’ex procuratore Sergio Lari, nella relazione finale sulle rivolte nelle carceri avvenuta nel marzo del 2020. 

Già in quei giorni di marzo avevamo capito che quelle chiusure sarebbero state un aggravio enorme per chi, già normalmente, ha rapporti rarefatti con i propri affetti. Tanti erano i detenuti e i familiari che si rivolgevano a noi in un misto di paura, preoccupazione, ansia, dovuto a quanto stava accadendo con il diffondersi del Covid-19, di cui sapevamo tutti molto poco e per il quale tutti avevamo negli occhi le immagini terribili di ospedali al collasso e delle ambulanze che sfrecciavano nelle città deserte. Per questo, da subito, avevamo chiesto al DAP di dotare i detenuti di telefoni e tablet, consentendo di videochiamare i familiari, ben oltre i 10 minuti alla settimana previsti dal regolamento penitenziario. Quella nostra richiesta fu accolta e in pochi giorni oltre 1.000 telefoni e tablet arrivarono nelle carceri, superando anni di ostruzionsimo su questo tema. 

Oggi stiamo chiedendo la stessa cosa come strumento per prevenire i suicidi. L'esito della relazione della Commissione del Dap dovrebbe farci capire quanto l'affettività, il poter sentire e vedere i propri familiari, sia importante per chi è detenuto. Anche, appunto, nel prevenire qualsiasi intenzione suicidaria.

Si liberalizzi il numero di telefonate a disposizione dei detenuti quindi. E lo si faccia presto.

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