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Zaki: ora la fuga è legittima, l'Italia lo aiuti

Patrick Zakidi Patrizio Gonnella su il manifesto dell'8 dicembre 2021

A Patrick Zaki hanno rubato, negato, indebitamente sottratto dalla sua giovane vita trecentottantamila minuti di libertà. Ora Patrick è libero, seppur provvisoriamente, fino alla prossima udienza del febbraio 2022. Dovrà essere impegno del nostro Paese e del nostro Governo trasformare quella libertà a tempo in libertà definitiva. Si tratta di consentire a Patrick di attendere l’esito del processo non in forma semi-reclusa nell’Egitto di Al Sisi, bensì dove lui preferisce, preservandone la libertà di movimento. Essendo il processo nei confronti di Zaki un processo politico, anche in questo delicato momento, conterà la pressione diplomatica che dovrà essere esercitata allo scopo di sottrarre Patrick ai rischi di un giudizio che nulla ha a che fare con le regole dello Stato di diritto. 

Lo scorso 19 novembre 2020 il Consiglio dell’Unione Europea ha autorizzato l’avvio di negoziati per accordi tra la Ue e l’Egitto sulla cooperazione giudiziaria penale. Nel testo della decisione del Consiglio, con eccessivo realismo politico, si affermava che l’Egitto è un partner importante per la stabilità nella regione del vicinato meridionale. In quello stesso Atto si ribadiva anche quanto siano deficitarie in Egitto la libertà di espressione, di informazione, di riunione pacifica e di associazione e quanto sia necessario porre fine alla riduzione indebita dello spazio concesso alla società civile, perseguita anche attraverso il congelamento dei beni, divieti di viaggio e lunghi periodi di detenzione preventiva. Pertanto, di fronte alla consapevolezza internazionale del deficit di democrazia in Egitto, non ha nulla di immorale il sottrarsi, con decisione concordata, al processo. Non è giuridicamente, né eticamente, né politicamente fondata una detenzione che sia del tutto sganciata da accuse circostanziate. 

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Tre suicidi in un mese nel carcere di Pavia. Antigone: "necessario indagare cause di tipo sistemico"

Carcere Pavia"Siamo sgomenti per il terzo suicidio avvenuto in un solo mese nel carcere di Torre del Gallo di Pavia, il secondo nell'ultima settimana". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.   

L'osservatorio sulle condizioni di detenzione dell'associazione era stato in visita nell'istituto di pena lunedì 29 novembre, poche ore prima di questo ennesimo gesto estremo. "Il carcere di Pavia - sottolinea Valeria Verdolini, presidente di Antigone Lombardia e una delle osservatrici che ha effettuato la visita - presenta moltissime criticità: strutturali, di sovraffollamento, legate al personale sottodimensionato (medico, in primis, ma anche penitenziario e trattamentale); infine criticità connesse ad una popolazione detenuta particolarmente sofferente che si trova ristretta tra quelle mura, in parte composta da detenuti cosiddetti ‘protetti’, ovvero isolati dagli altri per tutelarli dai rischi di aggressione (uno dei più grandi reparti protetti del nord Italia con oltre 300 presenze) e in parte portatrice di una fragilità sociale e psichica, situata nella struttura per la presenza dell'articolazione di salute mentale lombarda".   

"Certo ogni suicidio è un caso a sé e va considerato nella sua complessità, valutando anche la disperazione individuale di chi commette questo atto - ricorda Patrizio Gonnella. Ma è anche vero che quando il numero dei suicidi supera una certa soglia è necessario indagare oltre, per capire se ci sono delle cause di tipo sistemico". 

Venerdì l'osservatorio di Antigone sarà di nuovo nel carcere di Pavia, a breve distanza dalla precedente visita.

Detenuti psichiatrici, l’orrore dietro le sbarre del reparto «Sestante»

Sestante TorinoTorino. Dopo la testimonianza della coordinatrice nazionale di Antigone nel carcere Lorusso e Cotugno. Trattamenti inumani e degradanti, la procura apre un’inchiesta

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 24 novembre 2021

Era il 1998 quando Antigone per la prima volta ricevette l’autorizzazione dal capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a visitare tutti gli istituti di pena italiani. Allora ai vertici dell’Amministrazione c’era quel magistrato gentiluomo che era Sandro Margara. A lui sembrava naturale che un’organizzazione della società civile potesse avere una funzione di monitoraggio delle condizioni di detenzione. Da allora abbiamo visitato più volte tutte le carceri d’Italia. Lo abbiamo fatto sempre con uno spirito costruttivo e con discrezione. 

Per alcuni anni siamo riusciti a raccontare non solo con le parole ma anche con le immagini quello che vedevamo. Il tutto sempre in uno spirito non di contrapposizione ma funzionale a rendere la pena coerente con il dettato costituzionale che vieta trattamenti contrari al senso di umanità. Purtroppo nelle ultime visite non abbiamo potuto tradurre anche in immagini le nostre parole in quanto ormai da due anni questa opportunità ci è stata tolta. Le immagini vanno spesso oltre le parole nel potere di raccontare la vita interna. Da quelle, rispetto alla nostra ultima visita al carcere di Torino, sarebbe stata per tutti più forte e immediata la sensazione di trovarsi di fronte a condizioni inumane e degradanti. Antigone rinnoverà la propria richiesta nel 2022 per poter portare all’interno le videocamere, strumento prezioso di trasparenza e democrazia. 

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Ergastolo ostativo, il testo base approvato ieri è lontano dalle indicazioni della Consulta

carcere corridoioIeri la commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha approvato un testo base di riforma dell'ergastolo ostativo. La prima cosa che salta all'occhio è quanto questo non appaia in linea con quanto prescritto della Corte costituzionale e, al contrario, rischia di rendere, se approvato, più difficile di quanto già non sia oggi l'accesso ai benefici penitenziari.

Il testo approvato ieri contiene, infatti, una riscrittura peggiorativa della disciplina vigente: alza il numero di anni di pena da scontare prima di poter accedere alla liberazione condizionale da 26 a 30; con una forma meno diretta, ma prevede comunque un (inammissibile) onere della prova a carico del detenuto rispetto alla recisione del legame con l'organizzazione criminale; non riscrive in senso garantista l'intera disciplina dell'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario.

Qualora questo testo fosse approvato, a nostro parere, lascerebbe un evidente conflitto con il contenuto della decisione della Consulta, che aveva già accertato l'incostituzionalità della disciplina vigente. Antigone, di conseguenza, si augura che la commissione Giustizia adotti un testo più coerente sia con le decisioni della Corte costituzionale, sia con quelle della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Il rischio di un grave passo indietro. E non è un film

brescia 7Carcere. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria elabora una circolare per ridisegnare il trattamento penitenziario nel circuito di media sicurezza, il quale è il più grande contenitore dei 54 mila detenuti presenti nelle carceri italiane

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 27 ottobre 2021

In questi giorni sono accaduti tre fatti che hanno a che vedere con la questione carceraria. Non vanno tutti nella stessa direzione. Primo fatto: la Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha nominato una Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario, affidandone la presidenza al prof. Marco Ruotolo, che molti anni e impegno ha speso sul tema della dignità umana e dei diritti fondamentali dei detenuti. Si esplicita nel decreto di nomina che la Commissione avrà il compito di individuare “possibili interventi concreti per migliorare la qualità della vita delle persone recluse e di coloro che operano all’interno degli istituti penitenziari”. 

Dunque l’innovazione richiesta è funzionale ad aumentare la qualità della vita negli istituti di pena. È questo un fatto indubbiamente positivo. Secondo fatto: arriva nelle sale il film Ariaferma di Leonardo Di Costanzo, meravigliosamente interpretato da Toni Servillo, Silvio Orlando e Salvatore Striano. 

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Per la morte di Hassan Sharaf l'udienza contro l'archiviazione fissata nel 2024

Lettere viterboIl 23 luglio del 2018, Hassan Sharaf, un ragazzo egiziano di 21 anni era morto impiccandosi con un lenzuolo nella cella di isolamento del carcere di Viterbo. Pochi giorni prima aveva mostrato ad una delegazione del Garante Regionale del Lazio per i diritti dei detenuti dei segni che, aveva dichiarato, essere frutto di un pestaggio subito da parte di alcuni agenti.

Per quella morte erano stati presentati degli esposti, ma la Procura ha chiesto l'archiviazione del caso. Archiviazione alla quale la famiglia si era opposta. Per decidere su questa opposizione il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Viterbo, il 30 luglio del 2020, ha fissato al 7 marzo del 2024 l'udienza. A 6 anni dalla morte del giovane. Un fatto che non può lasciare che esterefatti e amareggiati.

Il carcere di Viterbo è al centro anche di un nostro esposto. Nel 2019, a poca distanza di tempo, abbiamo infatti ricevuto molte lettere di detenuti che ci raccontavano di abusi e violenze. Tutte erano molto uniformi nei racconti. Proprio di queste lettere e del nostro esposto aveva parlato Susanna Marietti con Fanpage.

Ergastolo ostativo. Antigone invia ai parlamentari un documento: "rispettare le indicazioni di Consulta e Corte Edu"

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Antigone ha inviato ai componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati un documento (consultabile a questo link) contente le proprie proposte in materia di ergastolo ostativo. È qui che sono in discussione attualmente tre proposte di legge che sembrano più orientate a salvaguardare le ragioni alla base del regime speciale di cui all'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario che al rispetto delle chiare e vincolanti indicazioni provenienti dalla Corte Costituzionale nonché dalla Corte di Strasburgo.

Entro il prossimo maggio il Parlamento dovrà infatti modificare la disciplina dell’ergastolo ostativo prevedendo che la collaborazione con la giustizia non sia più il solo strumento per ottenere la liberazione condizionale. Così ha chiesto la Consulta con l’ordinanza 97 del 2021, affermando che “il condannato alla pena perpetua è caricato di un onere di collaborazione, che può richiedere la denuncia a carico di terzi, comportare pericoli per i propri cari, e rischiare altresì di determinare autoincriminazioni, anche per fatti non ancora giudicati. Ciò non significa affatto svalutare il rilievo e utilità della collaborazione, intesa come libera e meditata decisione di dimostrare l’avvenuta rottura con l’ambiente criminale, e che certamente mantiene il proprio positivo valore, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente, qui non in discussione. Significa, invece, negarne la compatibilità con la Costituzione se e in quanto essa risulti l’unica possibile strada, a disposizione del condannato all’ergastolo, per accedere alla liberazione condizionale”. 

Nel documento inviato al legislatore, Antigone precisa in particolare tre punti fra quelli in discussione, riguardanti l'onere probatorio, le condizioni generali per accedere alla liberazione condizionale e la proposta competenza unica nazionale in capo al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Gli ergastolani in regime ostativo sono oggi circa il 70% del totale dei condannati alla pena perpetua, si tratta perciò di oltre 1.250 detenuti che – salve le ipotesi di collaborazione – non hanno alcuna possibilità di reintegrazione sociale, come invece prescrive l’art. 27 della Costituzione.

Cannabis. Parte il referendum per superare 30 anni di criminalizzazione

referendum cannabisE' stato lanciato oggi un quesito referendario che punta ad abrogare alcuni passaggi della legge 309/90 (il testo unico sulle sostanze stupefacenti), superando 30 anni di approccio proibizionista e criminalizzante sulla cannabis.

L'obiettivo è ambizioso, raccogliere oltre 500.000 firme entro il 30 settembre. Per questo, fin da subito, è importante firmare e far firmare sul sito referendumcannabis.it (per farlo basta essere in possesso dello Spid o della Carta di Identità Elettronica).

Circa il 35% dei detenuti reclusi oggi all'interno di un penitenziario è condannato per reati legati alle droghe. Il 25% dei detenuti ha poi una diagnosi di tossicodipendenza. Il carcere non può essere la soluzione, né per affrontare una questione complessa come quella delle droghe, né per trattare in maniera adeguata chi ha problemi legati alla propria salute. La cannabis rappresenta ancora oggi la sostanza che porta più persone a finire tra le maglie della giustizia.

Con questo referendum si vogliono affrontare alcuni aspetti in particolare, superando la criminalizzazione per chi coltiva cannabis per uso personale e cancellando le pene per chi ne vende piccole quantità. Inoltre, intervenendo sull'art. 75 del testo unico, si prevede di eliminare il ritiro della patente conseguente all'uso di cannabis, anche quando quest'uso non avvenga mentre si è alla guida o non si avvenuto poco prima di mettersi al volante.

Un passo deciso in avanti, verso politiche che siano guidate da un approccio pragmatico e scientifico.

Sicurezza, nessuna emergenza, ma non rallenta la violenza di genere

brescia 7I dati del Viminale. Nell’ultimo anno (l’arco di tempo prescelto è 1 agosto 2020-31 luglio 2021), rispetto all’analogo periodo precedente, gli omicidi sono calati di circa il 6%, nonostante le donne assassinate.

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 17 agosto 2021

L’Italia è un Paese che non ha un’emergenza criminalità. I dati statistici di agosto lo confermano in modo inequivoco. In base ai numeri forniti dal ministero degli Interni, nell’ultimo anno (l’arco di tempo prescelto è 1 agosto 2020-31 luglio 2021), rispetto all’analogo periodo precedente, gli omicidi sono calati da 295 a 276, ossia di circa il 6%. Siamo a un tasso di omicidi pari allo 0,46 ogni 100 mila abitanti, una dei più bassi in Europa. E gli omicidi calano nonostante sia ancora troppo alta la quota di donne assassinate, ben 105. Guardando le statistiche criminali, dunque, possiamo osservare che sono diminuiti significativamente negli ultimi vent’anni gli omicidi riconducibili alla criminalità organizzata, alla criminalità comune, o quelli avvenuti a seguito di furti o rapine. Mentre non è rallentata la violenza di genere. Sempre nell’ultimo anno sono decresciuti i furti (-12,8%) e le rapine (-3,8%), nonostante l’anno precedente era stato quello del lockdown con almeno due mesi di criminalità anestetizzata. 

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Il detenuto studioso merita una bella punizione

10pol1carcere-lapresse-san-vittoredi Patrizio Gonnella su il manifesto del 13 agosto 2021

Chissà cosa mai avrebbe detto don Milani se avesse letto quell’ordinanza di un tribunale di sorveglianza che, nel negare a un detenuto una misura esterna di maggiore libertà, afferma perentoriamente che quel detenuto ha studiato troppo e potrebbe usare le sue lauree (conseguite durante la carcerazione) e la sua cultura universitaria per andare a rafforzare la sua dimensione criminale. Tutto ciò è accaduto nella dotta Bologna che vanta una delle università più nobili e antiche della storia italiana. C’è da restare basiti, ma anche un tantino preoccupati. Non so da quale argomento partire a spiegazione della mia incredulità e di tutta la comunità di Antigone, investita del caso dopo che il detenuto coinvolto aveva manifestato tutta la sua disperazione. Un’incredulità condivisa da tanti studiosi e giuristi, tra cui il prof. Giovanni Maria Flick, autore insieme alla nostra avvocatessa Francesca Cancellaro del ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani. 

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