MOZIONE
Il Senato della Repubblica
Premesso che
- Secondo quanto emerge
dall’ultima Inchiesta di Antigone sulle carceri italiane al 31 marzo 2002
erano detenute nelle carceri italiane 57.100 persone, mentre solo tre mesi
prima erano detenute 55.275 persone. Dal maggio 2001 la popolazione detenuta
ha scalato stabilmente il gradino dei 55mila detenuti, dopo qualche mese a
quota 54mila e un intero anno (il 2000) in cui la popolazione detenuta si è
aggirata intorno alle 53mila unità.
- Per ritrovare
dimensioni maggiori nelle presenze in carcere in Italia bisogna risalire
fino agli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale.
- I condannati
definitivi costituiscono il 55,25% della popolazione detenuta. Il 2,30% è
soggetto a misura di internamento, mentre il restante 42,45% è in attesa di
giudizio. Caratteristica tipica del sistema penale italiano è questa grande
incidenza della detenzione in attesa del processo.
- Nel rilevamento
dell'Amministrazione penitenziaria del 31 dicembre 2001, relativo ai reati
ascritti alla popolazione detenuta, la principale ragione di detenzione
risultava essere la violazione delle norme contro il patrimonio che incideva
nella misura del 25,13% sul totale dei reati ascritti alla popolazione
detenuta. Seguono la violazione delle norme del testo unico sulle sostanze
stupefacenti (20,91% sul totale dei reati ascritti) e la violazione delle
norme a tutela dell'ordine pubblico (14,99% sul totale dei reati ascritti).
Infine, i reati contro la persona ricorrono per una incidenza del 13,97% sul
totale dei reati ascritti.
- Tra i condannati
definitivi, al primo luglio 2001 il 31,46% del totale risultava condannato a
una pena uguale o inferiore a tre anni nonostante il residuo pena inferiore
ai tre anni costituisca la precondizione generale per accedere alla più
diffusa delle alternative al carcere, l'affidamento in prova al servizio
sociale
- Le caratteristiche
socio-anagrafiche extra-giuridiche della popolazione detenuta evidenziano
come il carcere sia oramai contenitore di marginalità sociali. I detenuti
extracomunitari, insieme ai detenuti provenienti da sole quattro regioni del
sud di Italia costituiscono il 75% della popolazione detenuta. I
tossicodipendenti sono oramai oltre il 25%.
- Si legge nella ricerca
effettuata dall’associazione “A Buon Diritto. Associazione per le libertà”,
pubblicata dal quotidiano la Repubblica in data 20 maggio 2002 che in
carcere ci si suicida ben 19 volte in più che all’esterno. 70 suicidi nel
2001, 65 nel 2000. Oltre 6 mila gli atti di autolesionismo. Si legge sempre
nella ricerca che “ contrariamente a ciò che vorrebbe un diffuso luogo
comune, non è affatto vero in genere più si è disperati più ci si
suicida. Non è così, come documentano tutte le ricerche in materia: tra i
malati gravi, quelli irreversibili e quelli terminali, la percentuale di
suicidi è assai ridotta e, più spesso, pressoché irrisoria. E su un altro
piano, nei paesi dove è in vigore la pena capitale, il fenomeno dei suicidi
tra i condannati a morte non ha alcuna rilevanza statistica”. In carcere
invece ci si suicida molto di più che in
qualsiasi altro contesto.
- In base ai dati che
emergono dalla ricerca si legge che a) si ammazza chi conosce il proprio
destino e ne teme l’ineluttabilità; b) si ammazza, in misura appena meno
rilevante, chi non ha la minima idea del proprio destino e ne teme
l’imprevedibilità. Dunque il maggior numero di suicidi si concentra tra i
detenuti che scontano condanne definitive (57) e tra coloro che si trovano
in custodia cautelare, in attesa di rinvio a giudizio o, se rinviati, in
attesa della sentenza di primo grado (48). Questi ultimi, pertanto, sono -
sotto tutti i profili - pienamente
innocenti, all’atto del suicidio. Si può dire, allora, che tra i “nuovi
giunti” il rischio di suicidio è particolarmente elevato. Se consideriamo
la durata della permanenza in carcere precedente il suicidio, troviamo che
quasi il 55% dei detenuti si toglie la vita nei primi 6 mesi di reclusione e
quasi il 64% nel corso del primo anno. E ancora: sul complesso dei suicidi
avvenuti in carcere negli ultimi due anni, una percentuale significativa
riguarda detenuti per reati legati alla tossicodipendenza; un certo numero
di suicidi (circa un quinto) riguarda persone recluse per reati di ridotto
rilievo penale e sociale (ricettazione e concorso in ricettazione, rissa
aggravata, danneggiamenti, diserzione, maltrattamenti in famiglia, furto,
guida senza patente, evasione fiscale, inosservanza degli obblighi di
pubblica sicurezza…); e appena più di un terzo dei suicidi riguarda
detenuti per reati di particolare allarme sociale (omicidio, tentato
omicidio, rapina aggravata, associazione mafiosa, stupro e violenza
sessuale…).
- Si legge nel Rapporto
di Antigone 2002 che molte sono le inchieste in corso per episodi di
aggressioni e violenze all’interno delle carceri. Fra le più rilevanti
quelle che riguardano le carceri di Sassari (inchiesta che ha coinvolto
oltre 80 agenti e funzionari), Bolzano (episodio della cosiddetta cella
“x”), Potenza (suicidio di un detenuto che aveva denunciato alcuni
agenti di violenze ripetute).
- Il Governo italiano
non ha mai dato consenso alla pubblicazione del rapporto del Comitato
Europeo per la prevenzione della tortura relativamente alla visita ispettiva
del febbraio del 2000, nonostante le reiterate richieste provenienti dal
Consiglio di Europa.
- Fra il 1999 e il 2000
sono state approvate una serie di leggi che hanno riguardato il carcere: la
riforma della sanità penitenziaria, la legge sul lavoro penitenziario, la
legge sulle detenute madri, il nuovo regolamento di esecuzione. Il complesso
di queste norme era diretto a umanizzare le condizioni di detenzione.
Purtroppo molte di queste norme sono ancora inattuate. In particolare per
quanto riguarda il regolamento di esecuzione entrato in vigore il 20
settembre del 2000 che prevedeva fra l’altro modifiche strutturali dirette
a aumentare gli standards di qualità di vita interna (celle areate, docce
in cella, bidet per le donne, asili nido per i bambini, luce naturale, una
cucina per ogni 200 detenuti), in molte carceri non sono neanche iniziati i
lavori di adeguamento, e per quanto concerne la sanità l’avvenuto
passaggio della medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale non
è al momento stato completato, mentre molti sono gli episodi segnalati di
malasanità.
- Il carcere deve per
mandato costituzionale tendere alla rieducazione del condannato
Impegna
il Governo
- A dare piena
attuazione a quanto previsto nella legge 193/2000 sul lavoro in carcere, nel
d.lvo 230/99 sulla sanità penitenziaria, nella legge dell’8 marzo del
2001 n. 40 intitolata “Misure alternative alla detenzione a tutela del
rapporto tra detenute e figli minori”, nel DPR n.230 del 30/06/2000
“Nuovo regolamento di esecuzione”.
- Ad attivare meccanismi
di formazione e sensibilizzazione del personale di polizia penitenziaria
sulle tematiche dei diritti umani che possano essere di contrasto a
comportamenti violenti o indifferenti.
- A incentivare le
attività di trattamento e aumentare il numero degli operatori dell’area
pedagogica.
- A favorire il rapporto
fra istituzioni penali e enti locali territoriali e accrescere il numero di
volontari in carcere;
- A aumentare il numero
delle ore di aria e di socialità in carcere;
- Ad intraprendere ogni
iniziativa utile perché l’isolamento sia utilizzato in casi assolutamente
eccezionali;
- A sostenere le
politiche di decarcerizzazione e di accesso alle misure alternative;
- A dare il consenso
alla pubblicazione del rapporto del Comitato Europeo per la prevenzione
della tortura relativamente alla visita ispettiva del febbraio del 2000.
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